Le tavole Pizzerie

Ripartire (anche) da una pizza: la Sanità e Concettina ai Tre Santi

Provate a cercare “Rione Sanità” su Google. Vi ritroverete dentro una giungla di pagine di notizie di cronaca nera che vi indurrà a scappare verso più confrontanti mete virtuali e sicuramente a non avvicinarvi mai a quella zona di Napoli.

Più difficile che, tra i primi risultati, troviate qualcosa, Wikipedia a parte, che vi racconti l’immensa ricchezza storica e architettonica del quartiere, affossato da vicende urbanistiche che l’hanno messo ai margini dopo una storia millenaria che l’ha visto necropoli e centro di culto pagano e poi cristiano, tanto da essere la parte maggiore di un percorso chiamato “Miglio Sacro” oggi visitabile in una bella passeggiata domenicale grazie alla buona volontà di chi sta cercando di far rinascere e di riqualificare la Sanità.

Perché è anche questo che sarà difficile veder spuntare tra i risultati di Google: l’impegno e la dedizione con cui, da qualche anno, cooperative ed associazioni oggi riunite sotto l’ala della Fondazione San Gennaro si adoperano per ridare dignità alla Sanità e valorizzarne le incredibili bellezze, riaprendo monumenti abbandonati, operando nel sociale, organizzando eventi e percorsi che consentono di ammirare i palazzi nobiliari, le grandi basiliche, gli ipogei e le catacombe ed anche il tratto dell’acquedotto augusteo del Serino recentemente scoperto nel sottosuolo del palazzo Peschici – Maresca.

La storia della Sanità, come dicevo, è lunga: si snoda tra splendori e miserie e si svela tra resti archeologici greco-romani e catacombe cristiane (di San Gennaro, di San Gaudioso, di San Severo), tra chiese paleocristiane, come San Gennaro Extra Moenia, e imponenti basiliche barocche come Santa Maria della Sanità, che sembra quasi voglia premere per spaccare i vicoli e farsi largo, e custodisce bazzeccole come opere di Luca Giordano, Fracesco Solimena e Andrea Vaccaro; tra il Cimitero delle Fontanelle, uno dei luoghi più suggestivi di Napoli, regno della pietas popolare verso i defunti senza nome, e i grandi palazzi aristocratici: Palazzo Sanfelice, dello Spagnuolo, de’ Liguoro.

"Palazzo dello Spagnolo - Naples (2)" by original work: alterdimaggio1957derivative work: Angelus (talk) - Own work based on: Palazzo dello Spagnolo - Naples.jpg. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Palazzo_dello_Spagnolo_-_Naples_(2).jpg#/media/File:Palazzo_dello_Spagnolo_-_Naples_(2).jpg

Palazzo dello Spagnolo – Naples (2)” by original work: alterdimaggio1957derivative work: Angelus (talk) – Own work based on: Palazzo dello Spagnolo – Naples.jpg. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Commons.

Dall’epoca in cui era residenza di nobili e alta borghesia, il passo al declino fu breve: bastò costruire il ponte che oltrepassava il quartiere tagliandolo fuori dall’asse viario principale, per favorire i reali borbonici nei loro spostamenti dalla Reggia di Capodimonte a Palazzo Reale, affinché evitassero il tortuoso itinerario attraverso le vie strette e accidentate della Sanità. E il destino fu segnato.

Il degrado è un dato incontrovertibile. L’illegalità pure, nascondersi dietro un dito è davvero inutile. Ma la speranza ha le molte facce di chi in questo quartiere è nato e non ha voluto andar via, e anzi si è intestardito a volerne tirar fuori il meglio, a valorizzarlo, a ricostruire un’immagine che non sia solo apparenza, a creare servizi e a guidare il visitatore non distratto (anche napoletano, non necessariamente “forestiero”) nei meandri di un patrimonio plurisecolare fino a poco tempo fa inaccessibile.

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La speranza ha anche la faccia di un giovane pizzaiolo.
Si chiama Ciro Oliva, ha appena compiuto ventitré anni, è della Sanità, del rione in cui già sua nonna Concetta preparava pizze quando le pizze non erano che cibo, non recavano l’attributo “gourmet”, non si vendevano a trenta euro in locali modaioli al di fuori della Campania.
La pizzeria di famiglia, che dal 1951 attira la gente del quartiere (e oggi anche tutti gli altri) al piano terra del Palazzo de’ Liguoro, là dove visse Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, in Via Arena alla Sanità, si chiama Concettina ai Tre Santi, e a vegliare su di lei ci sono tre santi, per l’appunto: Sant’Anna,  Santa Maria della Sanità e San Vincenzo Ferreri, annidati sulla parete dell’edificio in una delle innumerevoli edicole votive che la devozione popolare ha posto nel dedalo di vicoli.

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Ciro Oliva è giovane e già molto conosciuto, perché la sua è tra le migliori pizze della città, quindi tra le migliori del mondo; e lui la Sanità non ha voluto lasciarla. Non solo: vuole contribuire a riqualificarla, offrendo il meglio che può in termini di impegno e lavoro serio, fungendo da richiamo, da punto di riferimento.
Da Ciro si adotta la nobilissima pratica della pizza “sospesa”, tradizionale a Napoli, ma di solito per il caffè: il cliente che può e vuole lascia una pizza pagata per chi non può permettersela.

IMG_4540In più, Ciro ha creato la pizza Fondazione San Gennaro, una robusta leccornia con cornicione ripieno di salame napoletano e provola, che si può ordinare sia bianca che rossa (“con o senza Miracolo”, che è l’Antico Pomodoro di Napoli “Miracolo di San Gennaro”): parte del ricavato dalla vendita della pizza viene destinato a sostenere la fondazione. Concettina ai Tre Santi è un posto da inserire in un ideale itinerario tra le punte d’eccellenza dell’arte della pizza: gli ingredienti sono superbi, l’impasto impeccabilmente leggero; c’è da aspettare il proprio turno ma il servizio è veloce e molto cortese, il locale lindo e piacevole, e mentre siete in attesa fuori una mano gentile vi porgerà uno spicchio di pizza caldo e filante. Con due euro vi potrete arrecriare (rallegrarvi, rendervi felici, per i non partenopei) con una frittatina di bucatini alla genovese – con cipolla ramata di Montoro, carne di manzo, provola affumicata e pepe – o con una montanarina al ragù; con 3 vi godrete due pezzi di baccalà fritto alla maniera di nonna Concetta; con 5 euro assaporerete le pizze della tradizione: margherita, marinara, cosacca. 8 euro vi serviranno per la “Fondazione San Gennaro”, pizza opulenta fatta per una buona causa, o per la “Borgo Vergini”, che nel nome rende omaggio all’area che costituisce quasi l’anticamera del Rione Sanità; 7 euro saranno sufficienti per una pizza fritta classica come Dio comanda (con ricotta, cicoli, pepe, pomodoro, provola).

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E nel frattempo avrete avuto un assaggio della storia che vi circonda, di ciò che è stato e di ciò che potrà essere: cose buone per il palato e per l’anima nascono quando l’alto artigianato del gusto si unisce alla passione per le proprie radici. Cose buonissime che fanno bene alla città e a tutti noi.

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Pizzeria Concettina ai tre Santi
via Arena alla Sanità 7 Bis, 80137 Napoli
Tel: 081290037
Aperti dal lunedì al sabato dalle ore 10,30 alle 23,30
Domenica aperto dalle ore 12 alle 16

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Informazioni sull'autrice

giovanna esposito

Napoletana, scrivo di cibo dal 2008; ho cominciato con un blog di cucina, Lost in kitchen, poi, dal 2011 al 2016, sono stata tra i redattori del web magazine Gastronomia Mediterranea.
Nel 2015 ho pubblicato per Guido Tommasi Editore il volume "Gli aristopiatti. Storie e ricette della cucina aristocratica italiana", scritto a quattro mani con Lydia Capasso e illustrato da Gianluca Biscalchin. Con la stessa "squadra", ho pubblicato nell'aprile 2017 "Santa Pietanza. Tradizioni e ricette dei santi e delle loro feste". A settembre 2017 è uscito il piccolo ricettario "Pasta al forno", scritto con Lydia Capasso e con fotografie di Virginia Portioli, sempre per i tipi di Guido Tommasi.
Sono maestra assaggiatrice Onaf.

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