Prodotti, produttori

Storie di olio in Campania: Torretta

Maria Provenza è una donna che sa fare molte cose. Sa condurre il frantoio di famiglia, che ha conquistato una solida reputazione nei circa cinquant’anni di vita; sa accogliere, come dimostra il bel vassoio di squisitezze che ha offerto a me e a Daniela quando abbiamo visitato la sua azienda; sa coinvolgere e far interessare alla produzione dell’olio gruppi di turisti in visita e, soprattutto, sa dire quello che pensa con chiarezza, dimostrando tutta la passione che la anima.
Qui, a Battipaglia, ai limiti del vastissimo e diversificatissimo areale della DOP Colline Salernitane, il frantoio Torretta fa storia dagli anni ’60, trasformando olive proprie e conferite da altri coltivatori in oli eccellenti e pluripremiati, come i DOP Diesis e Rea, ottenuti dalla molitura di olive di varietà Rotondella, Carpellese e Frantoio, o il bio Dafne, e funge da punto di riferimento per i produttori della zona, dato che lavora anche per conto terzi.
Arriva a lavorare circa 15000 quintali tra olive proprie e altrui e a produrre, per la propria etichetta, all’incirca 500 quintali di olio.

“Come frantoiana sono fortunata, perché lavoro ottime olive; in quest’area la qualità è buona, e comunque c’è una selezione naturale, perché se un produttore che utilizza il nostro frantoio non sposa le nostre regole, va altrove”. Così dice Maria. Ma, ai margini di questa dichiarazione che esprime orgoglio e soddisfazione, c’è un discorso molto più ampio che riguarda la filosofia della produzione oleicola, la sua commercializzazione, la sua immagine; discorso che condivido in pieno e che Maria sviluppa durante la nostra conversazione.

Anche noi che viviamo in Campania siamo fortunati, perché il nostro è un territorio in cui l’olivo ha trovato casa, in cui l’olio di qualità potrebbe (dovrebbe) essere il fulcro dell’alimentazione. Fortunati, ma meno di quanto potremmo. Perché la realtà è che, a fronte di tali e tante magnifiche possibilità, ci ritroviamo in una situazione che vede contrapporsi da una parte oli a dir poco mediocri e a basso prezzo che trionfano nei negozi e quindi nel consumo, e dall’altra oli di eccellenza talmente rari e talmente eccellenti, appunto, da costare un occhio della testa, da essere praticamente introvabili nei negozi e comunque inaccessibili al consumatore medio. Intorno a questi estremi, in quest’area salernitana potenzialmente così ricca c’è, come spiega Maria, una pletora di produttori improvvisati, impreparati o, in qualche caso, semplicemente invisibili: manca, in sintesi, un sistema, una rete, una capacità di lavorare bene, tutti, e accrescere così la produzione sia in quantità che in qualità, dando finalmente una dignità e un’immagine a un intero territorio, anziché al singolo produttore virtuoso. Il singolo, per quanto eccella, non fa il bene del territorio: anziché identificare l’olio come quello del produttore X, bisognerebbe arrivare a identificarlo come l’olio del salernitano. Solo così a guadagnarne sarebbe l’intera area. Ma per arrivare a questo c’è tanto da fare. Partendo praticamente da zero.

Maria racconta che ci sono ben 12 frantoi a Montecorvino Rovella e 35 tra Eboli e Campagna, ma molti lavorano per l’autoconsumo o per la piccola vendita diretta; tanti olivicoltori si fanno da sé il proprio olio, ma è una mentalità che andrebbe cambiata: il produttore di latte non necessariamente fa il casaro, non necessariamente è in grado di farlo, perciò conferisce il suo latte a chi sa lavorarlo, anziché ottenere un prodotto dal livello qualitativo insufficiente, non controllato, non sottoposto ad analisi. Lo stesso dovrebbe accadere per le olive. E bisognerebbe perseguire un obiettivo, su tutti: creare il segmento che manca, quello del prodotto onesto, che esprima l’oliva per ciò che è, che possa essere proposto a un pubblico ampio ad un prezzo che non sia di 40 euro al litro. Un prodotto ineccepibile ma anche facilmente reperibile, che vada verso le persone, che sia possibile acquistare ad un prezzo ragionevole senza dover per forza ripiegare su oli scadenti. Inutile cercare di realizzare prodotti a basso costo per far concorrenza ai marchi della grande distribuzione, non è quella la strada da seguire.
Bisogna fare un bell’olio che abbia le caratteristiche dell’areale, ben definite: il salernitano non è area da fruttato intenso, ma medio o medio-alto. E poi meritare eventualmente il premio e il riconoscimento, ma non concepire un olio nella prospettiva del riconoscimento: certi oli sembrano prodotti per i concorsi, non per il consumo. Quando in una zona ci sono milioni di piante, non migliaia ma milioni, non è possibile  standardizzare le tecniche per fare soltanto oli a livelli di eccellenza estremi, da vendere a prezzi altissimi. Per far parlare del territorio e del suo prodotto, promuoverlo, fargli guadagnare attenzione, occorre che sia di qualità corretta, che sia accessibile e disponibile per un pubblico ampio, come avviene, per esempio, in Toscana, dove il livello è più uniforme: non ci sono soltanto 2 o 3 oli stratosferici e, intorno, il nulla, ma una produzione mediamente di buon livello, con alcune punte di eccellenza e qualche raro olio scadente.

Anche come quantità, continua Maria, noi, come area, non siamo in grado di garantire costanza di rifornimento alla grande distribuzione. Perciò si dichiara contenta del percorso che sta compiendo con i suoi oli, in parte reperibili presso comuni rivenditori e non soltanto in botteghe d’élite, e presenti in certi ristoranti e pizzerie che lavorano bene e ci tengono a utilizzare anche in cucina, e non solo per esporre sui tavoli le bottigliette “di rappresentanza”, un olio che ha un costo diverso e una qualità superiore.
La definizione della DOP, diciamolo, non aiuta: Colline Salernitane non è certo una denominazione dal significato facilmente intuibile. Non come “Cilento” o “Irpinia – Colline dell’Ufita”; ma dispone, dice Maria, di un formidabile strumento di comunicazione: la Costiera Amalfitana, che ne fa parte, che tutti, in tutto il mondo, conoscono. Bisognerebbe usarlo. Sono tante le cose che bisognerebbe fare, ma il punto di partenza è aggregarsi, cercare di diventare più grandi e così far parlare di sé e della propria terra.

Noi, intanto, ne stiamo parlando qui, ne abbiamo parlato con lei, davanti a una mozzarella, a delle olive condite, a un bel piatto di pane con l’olio. Mentre nel frantoio Torretta si continuava a lavorare per produrre oli che ricevono premi anche se non sono concepiti per ottenere premi. Una giusta visione, non elitaria, che io, che sono soprattutto consumatrice, mi sento di sposare in pieno.

Frantoio Torretta
via Serroni Alto 29, 84091 Battipaglia (SA)  
Tel.: +39 0828 672615
Fax: +39 0828 672615
info@oliotorretta.it

Informazioni sull'autrice

giovanna esposito

Napoletana, scrivo di cibo dal 2008; ho cominciato con un blog di cucina, Lost in kitchen, poi, dal 2011 al 2016, sono stata tra i redattori del web magazine Gastronomia Mediterranea.
Nel 2015 ho pubblicato per Guido Tommasi Editore il volume "Gli aristopiatti. Storie e ricette della cucina aristocratica italiana", scritto a quattro mani con Lydia Capasso e illustrato da Gianluca Biscalchin. Con la stessa "squadra", ho pubblicato nell'aprile 2017 "Santa Pietanza. Tradizioni e ricette dei santi e delle loro feste". A settembre 2017 è uscito il piccolo ricettario "Pasta al forno", scritto con Lydia Capasso e con fotografie di Virginia Portioli, sempre per i tipi di Guido Tommasi.
Sono maestra assaggiatrice Onaf.

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