Prodotti, produttori

Domenico Nardone, vini d’Irpinia e un Taurasi gentile

L’inverno non deve fermare chi abbia voglia di fare una visita in quel di Pietradefusi, nel pieno dell’Irpinia, all’azienda vitivinicola di Domenico Nardone: l’uscita autostradale di Benevento è a pochi chilometri di comoda statale e Daniela ed io ci siamo arrivate in una giornata fredda ma luminosissima in cui avevamo temuto di smarrirci tra cumuli di neve e strade ghiacciate. Ad accoglierci, Domenico e la sua collaboratrice Marilisa, aperta e loquace quanto lui è schivo; entrambi, però, sono amichevoli e disponibili, e ci hanno condotte attraverso un percorso degustativo molto interessante con l’ausilio essenziale di qualche specialità locale su cui “appoggiare” gli ottimi vini della casa.

Di vino, lo ammetto, capisco poco o nulla. So ciò che mi piace, e questo tutto ciò che so. Ma in questa piccola realtà familiare, gestita dal giovane erede di una tradizione contadina, ho trovato, appunto, cose che mi piacciono, e la prima, oltre ai vini, è la mentalità. Lavorare con cura, niente sogni di grandezza ma tanta volontà di mettere in luce il territorio, tante iniziative in progetto, alle quali fa da fondamento la sala degustazione recentemente inaugurata, luminosa e moderna, pur essendo stata realizzata in economia e con molti materiali di recupero, che si presta benissimo ad aperitivi, serate speciali, presentazioni.


Sedute intorno a una botte con Domenico e Marilisa, abbiamo ascoltato la storia dell’azienda, che ha iniziato a vinificare nel 2006 ma viene da lontano: dal nonno di Domenico, che coltivava tabacco e viti, e da suo padre, agronomo, che decise di ampliare i vigneti di famiglia fino a portarli ai circa dieci ettari odierni. Oggi Domenico, giovane geometra, si occupa di tutti gli aspetti della produzione, dalla vigna alla cantina, e produce 30-35000 bottiglie l’anno di sei diverse tipologie di vino: Falanghina DOC,  Fiano di Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG, Aglianico DOC, Taurasi DOCG e “Monica”, un rosso a base di uve Merlot (85%) la cui annata 2015 è disponibile da pochi giorni.


L’azienda lavora soltanto uve proprie, da vigneti distribuiti nei paesi circostanti, tra Venticano, Pietradefusi, Santa Paolina, Grottolella, su terreno argilloso-calcareo; vocata soprattutto alla produzione di vini rossi (circa 15-18000 bottiglie di Aglianico e 2700 di Taurasi), ha nondimeno conquistato la medaglia d’oro per il miglior Fiano di Avellino DOCG all’edizione 2016 del premio Wine Fredane.

E posso comprendere perché, dato che, in base al mio unico principio guida (riconducibile a un elementare “mi piace – non mi piace”), a me il Fiano di Mimmo è piaciuto molto. I vigneti del Fiano si trovano a Grottolella, a 600 metri di altitudine, e producono circa 70 quintali per ettaro. Il vino fermenta a temperatura controllata per 10-15 giorni, poi viene travasato e stoccato in botti d’acciaio. Viene sottoposto a batonnage  settimanale o quindicinale e imbottigliato ad aprile – maggio.

Ma, nella mia profonda ignoranza sia tecnica che degustativa, il mio assaggio preferito è stato il Taurasi. Le uve provengono da vigneti di 25 anni che danno una produzione di 70 quintali per ettaro. Dopo la fermentazione a temperatura controllata per 10-14 giorni, il vino decanta in botti di acciaio e dopo qualche mese viene trasferito in botti di legno da 20 ettolitri in cui riposa per 18-25 mesi. Ho assaggiato il Taurasi del 2011, che aveva alle spalle 22 mesi di legno e che, mi dice Domenico, è considerato da alcuni troppo giovane: un Taurasi gentile, morbido, non aggressivo, che si lascia bere con vero piacere.


L’azienda vitivinicola Nardone Nardone (no, non è un refuso: il Nardone è doppio, per vicende familiari che non sto qui a riferire) distribuisce circa la metà della produzione all’estero e vende soprattutto ai ristoranti. Ma la sala degustazione è anche show room e punto vendita, in questo periodo affollato di confezioni regalo davvero belle e, devo dire, riflette un atteggiamento che mi ha ispirato grande simpatia: una intelligenza moderna che sa far tesoro della tradizione e delle caratteristiche del territorio, un grande impegno, costante, perché, prima di tutto, come dice Domenico, “la pianta non ti aspetta”, e una serie di principi ispiratori semplici ma apprezzabili: rispettare l’uva, ridurre al minimo la chimica, restare piccoli. Così Domenico ha riassunto la propria filosofia.


Se avete desiderio di una bella passeggiata, in qualsiasi stagione (ma raccomando il fulgore della primavera irpina, una meraviglia) andate a trovare Domenico. Sarà un’esperienza piacevolissima. Senza contare che, nei pressi, ci sono il salumificio Ciarcia, nel cui accattivante punto vendita ci si può approvvigionare di ogni sorta di cose buone, l’oleificio Fam, che fa costante incetta di riconoscimenti, e il torronificio Nardone, giusto per non farsi mancare una nota dolce conclusiva. L’insieme di queste realtà fa di quest’angolo di Irpinia tra Pietradefusi e Venticano una piccola mecca del gusto che meriterebbe ben altra attenzione.

Domenico Nardone.

Informazioni sull'autrice

giovanna esposito

Napoletana, scrivo di cibo dal 2008; ho cominciato con un blog di cucina, Lost in kitchen, poi, dal 2011 al 2016, sono stata tra i redattori del web magazine Gastronomia Mediterranea.
Nel 2015 ho pubblicato per Guido Tommasi Editore il volume "Gli aristopiatti. Storie e ricette della cucina aristocratica italiana", scritto a quattro mani con Lydia Capasso e illustrato da Gianluca Biscalchin. Con la stessa "squadra", ho pubblicato nell'aprile 2017 "Santa Pietanza. Tradizioni e ricette dei santi e delle loro feste". A settembre 2017 è uscito il piccolo ricettario "Pasta al forno", scritto con Lydia Capasso e con fotografie di Virginia Portioli, sempre per i tipi di Guido Tommasi.
Sono maestra assaggiatrice Onaf.

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