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La cipolla ramata di Montoro, sugli altari nelle cucine di Casa Barbato

È in una vallata racchiusa tra i monti e il mare che nasce la cipolla ramata di Montoro. Con le sue tuniche dal colore caldo (rame, appunto), la sua particolare dolcezza, la sua resistenza alla cottura, che la rende perfetta per la preparazione di quel grande sugo campano che è la genovese, da qualche tempo è ricercatissima, come tante cose un tempo conosciute solo nei ristretti spazi di origine e oggi note a molti, se non a tutti.

Nella Valle dell’Irno,  estremo lembo della provincia di Avellino e porta verso quella di Salerno, una condizione climatica felice, caratterizzata da temperature miti e da una ventilazione costante, ha fatto sì che questo bulbo trovasse un ambiente perfetto per prosperare. Oggi un Marchio Collettivo Geografico lo tutela e lo rende riconoscibile; tra i produttori che ne hanno fatto un punto di forza dell’agricoltura campana c’è la GB Agricola, nata ufficialmente nel ’94 ma erede di una tradizione familiare ben più antica, che alla coltivazione della cipolla ha adibito 24 ettari, anzi, come specifica Nicola Barbato, 23 e mezzo, visto che un orto occupa il mezzo ettaro restante.  E l’orto serve a procurare la verdure per la cucina dell’agriturismo, di recente diventato anche “agripizzeria”, Casa Barbato, di cui la cipolla ramata di Montoro è comunque regina. Tanto la coltura della cipolla quanto quelle orticole sono interamente biologiche.


Alla base dell’alimentazione locale (pare che sia stata la principale fonte di sostentamento per la popolazione nel secondo dopoguerra), prodotta, secondo il disciplinare, in 5 comuni della provincia di Avellino e 12 di quella di Salerno, la cipolla ramata di Montoro viene seminata a settembre per essere raccolta a partire da giugno. La si trapianta tra gennaio e febbraio, disponendo le piante su file singole o doppie (a seconda delle dimensioni dei bulbi) ed è matura quando le foglie cominciano a piegarsi verso il terreno, segno che la circolazione linfatica nella pianta sta diminuendo e che la linfa va trasferendosi nei bulbi. Una volta raccolta, la cipolla viene messa ad asciugare al sole, su apposite andane,  ed è in questa fase che il suo colore vira dal roseo al rame.

Poi viene posta su supporti di legno e trasferita in celle frigorifere a temperatura, umidità e ventilazione controllate. Infine, viene confezionata utilizzando carta e cartone riciclati, gli stessi materiali con i quali è stato realizzato l’arredo del ristorante e agripizzeria.
La cipolla impera nelle cucine a vista di Casa Barbato, affidate a Rinaldo Ippolito, così come sulle pizze, realizzate da Vincenzo Alfano.


Ne sono testimonianza da una parte la parmigiana di cipolle, un’originale versione in cui la cipolla resta piacevolmente soda e croccante (e del resto la sua tenacia è uno dei suoi pregi) e dall’altra la Genovese, una pizza condita con il grande sugo della tradizione, fiordilatte, pesto di rosmarino e pecorino. Ma, più in generale, il menu è caratterizzato dall’utilizzo di prodotti campani di qualità: salumi delle aziende irpine Biancaniello e Giovanniello, pomodori Gustarosso, olive ammaccate del Cilento, carciofi di Montoro, alici di Cetara, latticini del caseificio Principato di Montoro, conserve biologiche prodotte in azienda. Ad accompagnare, vini delle migliori aziende campane e birre artigianali SerroCroce e del Birrificio VentiTRÈ.


Per chiudere, mi piace segnalare un liquore, assaggiato a Casa Barbato, che un ragazzo appassionato ha messo a punto a partire da un’antica ricetta dei monaci dell’Antico Conservatorio regio di Tramonti, in Costiera Amalfitana, ricetta donata da Padre Alberto Imparato alla famiglia De Falco, titolare della distilleria omonima, e solo di recente rielaborata e messa in produzione: il Concierto, un interessante liquore a base di erbe e spezie dai caratteristici aromi tostati.

GB Agricola – Casa Barbato
Via Padula – 83025 – Montoro (AV)

Informazioni sull'autrice

giovanna esposito

Napoletana, scrivo di cibo dal 2008; ho cominciato con un blog di cucina, Lost in kitchen, poi, dal 2011 al 2016, sono stata tra i redattori del web magazine Gastronomia Mediterranea.
Nel 2015 ho pubblicato per Guido Tommasi Editore il volume "Gli aristopiatti. Storie e ricette della cucina aristocratica italiana", scritto a quattro mani con Lydia Capasso e illustrato da Gianluca Biscalchin. Con la stessa "squadra", ho pubblicato nell'aprile 2017 "Santa Pietanza. Tradizioni e ricette dei santi e delle loro feste". A settembre 2017 è uscito il piccolo ricettario "Pasta al forno", scritto con Lydia Capasso e con fotografie di Virginia Portioli, sempre per i tipi di Guido Tommasi.
Sono maestra assaggiatrice Onaf.

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